Chiudi

I cacciatori di piante

[The Plant Hunters], traduzione di Benedetta Bini


Milano, Rizzoli, 1980, L'Ornitorinco
cm 22.5x14, pp. 256-(8), illustrazioni in b/n nel testo, cartonato, sovracoperta illustrata
Unica edizione italiana. Ottima copia >>>

€ 30
SOMMARIO

Ringraziamenti 4
Prefazione  5

Il potere delle piante   7

I. Il collezionismo nel periodo pre-wardiano dal 1482 a.C.  19


   1. Le civiltà antiche: i secoli bui, il Medioevo  21
   2. Il Rinascimento 27
   3. Collezionisti inglesi del periodo delle aranciere  33
   4. L'età dell'oro della botanica  47
   5. Kew e Catai  67
   6. David Douglas di Scone  85

II. Le tecniche 105


   1. Il trasporto delle piante 107
   2. Nathaniel Ward di Wellclose Square  117

III. Alle conquista del tesoro verde 123


   1. Dal Messico alla Patagonia 125
   2. India e Africa 140
   3. I Tropici orientali  152
   4. Il paese dei crisantemi  160
   5. La Cina postwardiana 170

IV. Ai confini del mondo  183


   1. La Mecca degli esploratori botanici  185
   2. Una rivoluzione nel giardinaggio occidentale  187
   3. Viaggiatori, funzionari d'ambasciata, commissari e cacciatori di piante in uniforme  189
   4. L'archetipo dei missionari botanici  194
   5. Alcuni mutamenti nel modo di cacciare le piante  200
   6. Il decano dei cercatori moderni  203
   7. Uno studioso di piante economiche210
   8. Il professore di cinese e botanica  214
   9. Il re dei giardini alpini  219
 10. A sud della nuvola  224


Appendice 235


  1. Distribuzione delle piante  237
  2. Nomenclatura 240
  3. La ricerca delle piante  246


Note  251
Bibliografia  255
Chi va per piante, ad essere esatti dovrebbe essere chiamato un cercatore. Ma i personaggi che incontriamo in queste pagine, che coprono 3450 anni di storia e il globo terracqueo tutto quanto, chiamarli semplicemente cercatori, sarebbe far loro torto e un grave errore: perché di veri e propri cacciatori si tratta, tra i più monomaniaci, per cui la Preda prende prepotentemente il posto di ogni altra cosa: affetti, piaceri, ricchezze, onori e quante mai altre cose possono attrarre in questo mondo un comune mortale, con l'ossessività e la caparbietà del Capitano Achab, la pazienza, resistenza, impermeabilità di Siddharta, l'irrequietudine e l'insaziabilità di Don Giovanni.

Monomaniaci e solitari, come il reverendo John Ray, che «sublimemente» indifferente ai movimenti delle truppe, ai rischi rappresentati da disertori e ladroni, percorreva tutto solo, a piedi o a cavallo, i suoi itinerari botanici durante la Guerra Civile in Inghilterra; o il capitano William Dampier, idrografo, navigatore, scrittore e capo di una ciurma di pirati che «col suo corredo di strumenti da collezionista a portata di mano come il coltellaccio, e la sua disposizione a fermarsi ad osservare una pianta mentre s'avviava ad incendiare un villaggio o dissacrare una chiesa, è il prototipo romanzesco dei molti "cattivi" da romanzo, dei tagliagola con un debole per le porcellane antiche o dei torturatori rispettosissimi dei rituali domestici e familiari». O come tutti quelli che seguono: John Bartram di Filadelfia, che cacciò piante per quarant'anni nelle colonie meridionali del Nordamerica tra gli indiani in terre incognite, o il discepolo di Linneo, Philip de Commerson «che non esitava a scalare vette ritenute inaccessibili, pronto sempre a mettere a repentaglio la vita» per il miraggio di una pianta sconosciuta, che considerava suo inoppugnabile diritto saccheggiare i giardini degli amici e conoscenti e della stessa università; e che, come in una commedia shakespeariana, si portò seco nella spedizione del signore di Bougainville, la propria amante, sotto mentite spoglie maschili; o Philip von Siebold che grazie alle sue capacità di oculista riuscì ad accattivarsi la difficile fiducia dei giapponesi (e ad arricchire i nostri giardini di centinaia di piante); o ilceco Benedici Roezl, il cacciatore di orchidee, catturato dai banditi diciassette volte e che ebbe salva la vita per esser stato creduto — lui, col suo carico di erbacce — superstiziosamente dai malviventi un folle; fino ai più vicini a noi, ma non meno avventurosi, ufficiali-botanici o botanici-spie, come preferite, dello zar Alessandro; al professore americano di cinese Joseph Rock, ai dandy che partivano per le foreste brasiliane con l'equipaggiamento di un principe, a Franck Kingdon Ward, a George Forrest.
Non era una impresa facile, quella dell'autore, di stipare più di tre millenni di storia e una così folta schiera di personalità eccentriche in uno spazio, per tanta materia, assai angusto: il rischio dell'arido sommario era il più prevedibile. Ma Tyler Whittle, che si definisce «un cacciatore di piante da poltrona», non per questo è meno eccentrico e originale dei suoi personaggi, e i suoi racconti — perché ogni capitolo costituisce quasi un racconto di per sé — sono tutti coloratamente pervasi dei suoi risentimenti e delle sue idiosincrasie, di un senso dell'umorismo spontaneo e capillarmente diffuso, e soprattutto di una passione sempre fresca: il che si traduce in una scrittura che trasporta il lettore attraverso i secoli tanto allegramente verso il traguardo che questo giunge, quasi senza avvedersene, ai piedi della parola fine con rammarico.

Chiudi