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Opus

Torino, Einaudi, 1972, Supercoralli
cm 22.5x14, pp. 191-(9), tela, sovracoperta illustrata, fascetta: «Un congedo dai "superiori", dalla fede, dalla vita»
Prima edizione. Copia ottima

€ 35
La convalescenza, dopo una terribile malattia, riporta Mofa, un mite gesuita, nell'Ordine. Ma il male che ha incrinato il suo fisico è parallelo a quello, ben più sottile e mortale, che ne ha cancellato la fede.


L'itinerario a ritroso che ora Mofa percorre si pone come traguardo la «guarigione» spirituale e fisica. Ma nei ricordi vivificati in cui s'immerge, la morte acquista dimensioni sempre più consistenti ed univoche, come la sola possibile «elusione» o la sola «fuga».
Visi inquisitori indagano le menomazioni di Mofa e le sottolineano con la parola o con il silenzio. Tra questi volti che lo spiano, Mofa cerca quello di un vecchio compagno, Luca, al cui ricordo lega ora la possibilità di una chiarificazione.
Ma quest'ultima delusione gli sarà evitata.
Luca — tetro giovane di belle speranze, che ha presto incenerita in se la propria fede, pur restando disciplinatamente alle regole del gioco — apparirà quando ormai Mofa sarà stato assorbito e dissolto in un magma violento di odori e di colori: Mofa che muore ha in realtà vinto, Luca sprofonda.
Gli alchimisti affrontavano le profondità della materia per liberare Dio che vi è imprigionato; l'operazione si chiamava opus. L'immagine riappare nel titolo di questo romanzo, il terzo di Franco Cordero, dopo Genus e Le masche. Il tema di Genus era il piacere di opprimere; quello delle Masche il peso dell'oppressione. Opus, invece, coglie gli attimi risolutivi in un eterno conflitto, quando la vittima si libera o soccombe; sullo sfondo di una società brulicante e guasta, che alleva individui moralmente deformi o infelici.
Il delirio di Mofa, la tortura introspettiva di Luca, l'eroismo cinico di Vagus, i tratti dolenti o sordidi delle altre figure, la sofferenza ambigua del personaggio, sono evocati da una prosa che il «Times Literary Supplement» definisce «trasparente, incisiva e pericolosamente satura di pensiero».

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