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Il colpo di stato della borghesia. La crisi politica di fine secolo in Italia 1896/1900

Milano, Feltrinelli, 1977, I fatti e le idee. Saggi e Biografie. Biblioteca di storia contemporanea. Ricerche di storia italiana, 295.4, cm 22.3x14, pp. 418-(6), brossura illustrataSeconda edizione.

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Il volume si propone di affrontare nei suoi nessi e nelle sue ripercussioni la crisi politica di fine secolo, dalla sconfitta di Adua all'assassinio di Umberto I.


Il contrasto tra le forze all'interno del blocco di potere tradizionale alla caduta di Crispi, il ricomporsi unitario della borghesia — dopo i tumulti della primavera del '98 — in un fronte di classe che ha per obiettivo un piano organico di reazione antipopolare, la successiva frattura verificatasi nel corso del 1899 e il travagliato emergere all'interno del blocco dominante di un nuovo equilibrio, a cui corrisponderà, pur tra contraddizioni e battute d'arresto, il nuovo corso giolittiano, sono collocati sullo sfondo di una drammatica crisi di egemonia della classe dirigente liberale. Crisi che è resa più acuta dalla frattura crescente tra momento economico (in vivace espansione produttiva, per l'inizio del decollo industriale) e ceto politico dirigente, che è rimasto un'oligarchia chiusa e priva di ricambio ai vertici; incapace di un'organizzazione di partito che vada al di là della "compagnia di ventura" parlamentare; legata a una concezione paternalistica, ruralistica della vita civile e dei rapporti sociali; indotta a reagire alla sensazione di stare per essere sommersa dalla marea montante dei ceti inferiori esasperando gli elementi di autoritarismo e di oppressione burocratica; estranea, anzi ostile, alla presa di coscienza politica e sindacale delle masse popolari.
Contemporaneamente anche i due "nemici" dello stato liberale, il partito socialista e le organizzazioni di massa dei cattolici controllate dall'Opera dei Congressi, fanno le loro scelte, entrambi nel senso del ripudio della precedente intransigenza: i socialisti con lo sguardo a una prospettiva di sviluppo democratico e a una politica di riforme, che di fatto coincide con un ripiegamento sulla pura difesa delle istituzioni borghesi e con la rinuncia all'uso della lotta di classe; l'intransigentismo cattolico, dal canto suo, impegnato senza più incertezze in un processo di definitivo accostamento allo stato liberale, e di emarginazione dei più genuini fermenti sociali al proprio interno.
È in questo quadro, e su queste basi per tanti versi condizionanti, che nasce e si afferma la soluzione riformistica ma insieme repressiva del giolittismo.

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