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Le immagini della storia. L'arte e l'interpretazione del passato

[History and its Images. Art and Interpretation on the Past], traduzione di Eleonora Zoratti e Anna Nadotti


Torino, Einaudi, 1997, Biblioteca di storia dell'arte, 28
cm 28x22.5, pp. XX-445-(1), 263 illustrazioni in nero intercalate nel testo, cartonato, sovracoperta illustrata
Unica edizione italiana. Esaurito presso l'editore. >>>

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INDICE

Ringraziamenti, p. XIX

Le immagini della storia

Introduzione, 3

PARTE PRIMA
La scoperta dell'immagine
I. I primi numismatici, 13
II. Ritratti dal passato, 25
III. Narrazione storica e reportage, 73
IV. La questione della qualità, 101

PARTE SECONDA
L'uso dell'immagine
V.  Problemi di interpretazione, 117
VI. Il dialogo tra antiquari e storici, 143
VII. Nascita della storia della cultura, 179
VIII. L'arte come indicatore sociale, 193
IX. Il Musée des Monuments Français, 209
X. Michelet, 225
XI. Musei, illustrazioni e ricerca dell'autenticità, 247
XII. Il significato storico dello stile, 269
XIII. L'ingannevole testimonianza dell'arte, 319
XIV. Arte come profezia, 341
XV. Huizinga e il «rinascimento» fiammingo, 377

Indice analitico, 433
«Penso che la storia del gusto sia un oggetto di studio fra i più significativi», ha detto Haskell: «solo occorre rovesciare il modo con cui la si concepisce. Non già come una reazione dell'arte (pittura, musica o letteratura) ad avvenimenti o ad emozioni, ma come vasta gamma di credenze, passioni, speranze, timori che possono avere una matrice sociale, politica, religiosa e che trovano uno sbocco in ciò che la gente generalmente considera puro gusto artistico. E conclude: studiare la storia del gusto significa ne più ne meno cercare di capire se non la storia della natura umana, almeno un sue aspetto importantissimo.»
Queste riflessioni sul proprio lavoro Haskell le aveva sviluppate mentre andava scrivendo questo libro; sicché quelle affermazioni ne sottolineano la novità. Dice ancora: «arrivare alla conclusione che i mutamenti del gusto in campo artistico sono arbitrari e capricciosi come divinità pagane, che possono semplicemente essere contemplate o venerate, mi sembra una vera e propria resa, e prematura, rispetto alle analisi possibili. Tutto nasce dal fatto che gli amanti dell'arte e gli stessi storici della disciplina mostrano in genere una diffidenza che può persino essere comprensibile a utilizzare dipinti e sculture come fossero documenti, allo stesso modo delle testimonianze scritte.»
Eppure, precisa, «c'è sempre stato un dialogo diretto tra immagini e documenti. Almeno fino al secolo scorso: Taine compie il suo viaggio in Italia per capire il carattere della sua storia affermando guardo l'immagine, non ciò che è stato scritto, la sua visita, annotava, va considerata come un corso di storia italiana, con i dipinti che fanno le veci delle fonti letterarie e dei documenti». E ciò ritiene sia possibile non solo perché la gente ha sempre immaginato che qualsiasi evento rilevante (che pertanto è anche un evento storico) dovesse venire testimoniato in un modo o nell'altro dalle arti visive: ma anche perché fra documento scritto e fatto visivo corre un rapporto non facile a definirsi, delle relazioni complesse, articolate.
Haskell non vuole, da queste riflessioni, trarre conclusioni che pretendono in qualche modo di avere un carattere generale, onnicomprensivo; al contrario, confessa di non aver stabilito delle leggi generali. Così nel libro moltiplica i riferimenti, si sofferma su infiniti episodi, collega via via molti mondi: opere artisti scrittori collezionisti committenti studiosi antiquari allestitori uomini di potere, dal Cinque e Seicento a Burckhardt e Huizinga, con puntate e raffronti più prossimi. Nella convinzione che sia possibile spiegare, se non il genio in quanto tale e la sua creazione assoluta, almeno le forme assunte dallo spirito creatore. E se ha potuto farlo, almeno in parte, conclude, è grazie a quello che si potrebbe anche chiamare il suo metodo.

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