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Salamov Varlam
I racconti di Kolyma
[Kolymskie rasskazy], traduzioni di Sergio Rapetti per I racconti di Kolyma, e Piero Sinatti per la Prefazione e i Ricordi. Lunghi anni di conversazioni, a cura di Irina P. Sirotinskaja
Torino, Einaudi, 1999, I millenni
cm 22x14, pp. XLVI-1313-(1), 17 tavole a colori fuori testo che riproducono «opere e artisti provenienti dal medesimo orizzonte culturale che vide svolgersi l'aspra vicenda biografica di Salamov, e che inoltre presentano, a nostro parere, singolari consonanze con il suo universo poetico», cartonato, sovracoperta e cofanetto illustrati
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INDICE
Prefazione di Irina Sirotinskaja, p. VII
Ricordi. Lunghi anni di conversazioni, XV
Cronologia, XXXIX
Nota del traduttore, XLIII
I racconti di Kolyma, 5
Glossario, 1285
Prefazione di Irina Sirotinskaja, p. VII
Ricordi. Lunghi anni di conversazioni, XV
Cronologia, XXXIX
Nota del traduttore, XLIII
I racconti di Kolyma, 5
Glossario, 1285
Varlam Salamov, I racconti di Kolyma. La Kolyma è una desolata regione di paludi e di ghiacci all'estremo limite nord-orientale della Siberia. L'estate dura poco più di un mese; il resto è inverno, caligine grigia, gelo che può scendere anche a sessanta gradi sotto zero. Lì, dalla fine degli anni Venti, alcuni milioni di persone sono state deportate e sfruttate a fini produttivi e di colonizzazione della regione. Salamov arrivò alla Kolyma nel 1937, dopo essere già stato rinchiuso in un lager degli Urali fra il 1929 e il 1931 a causa della sua opposizione a Stalin. E alla Kolyma rimase fino al 1953.
«Il lager è una scuola negativa per chiunque, dal primo all'ultimo giorno [...] L'uomo non deve vederlo. Ma se lo vede, deve dire la verità, per quanto terribile sia. Per parte mia, ho deciso che dedicherò tutto il resto della mia vita proprio a questa verità», così scriveva Salamov a Solzenicyn nel novembre del 1962. In questa discesa negli abissi della memoria i ricordi si snodano come una partitura musicale. L'avvio è graduale, i temi si delineano in parallelo per poi intrecciarsi e sovrapporsi: l'arrivo nei campi, la casistica dei vari tipi di carcerieri, i luoghi e le condizioni del lavoro forzato, la natura ostile e cosi carica di significati simbolici, i compagni di pena. Inizia da qui, da un incredulo stupore, lo studio scientifico di uno spietato fenomeno antropologico: «con quale facilità l'uomo può dimenticare di essere un uomo» e rinunciare alla sottile pellicola della civiltà, se posto in condizioni di vita estreme.
Magadan e i suoi dintorni, i fronti di scavo nelle miniere, le postazioni sperdute nella tajga, l'ospedale, la grande rotabile percorsa da migliaia di camion, tutto muta a poco a poco di segno: sempre meno sfondo reale, sempre più duttile materia per una ricognizione della recente storia russa e, in parte, europea.
Cronaca, o meglio vivo documento restituito attraverso i processi associativi della memoria; affresco della Russia tra Otto e Novecento; anatomopatologia della psiche umana; magmatica restituzione, fino al più ripugnante particolare fisico, della realtà organica. Ma Kolyma è anche altro. È un'epopea del Grande Nord, una storia di esplorazioni e sconosciute imprese; è la linfa vitale della natura investita della religiosità panica di un grande poeta. È il mondo austero e solenne degli orsi, delle anatre, delle donnole, degli scoiattoli...
Il crescendo musicale ci accompagna, in un recupero graduale e insistito di dettagli, dalla prima raccolta, I racconti di Kolyma, fino a Scene di vita criminale; si placa nel quasi adagio della Resurrezione del larice, dove per un istante si attenua la disperazione; precipita nel Guanto, un adagio che si volge in marcia funebre: tutto evapora, rimane solo ciò che non può essere cancellato, il male. Ma più forte ancora del male, al di sopra di tutto, sta il tempo. «L'unica cosa - scrive Salamov - che innalzi la statura delle persone».
Varlam Salamov (Vologda, 1907 - Mosca,1982), figlio di un pope, lasciò la famiglia per studiare Giurisprudenza all'Università di Mosca. Dal 1927 svolse attività d'opposizione al regime staliniano, fu arrestato e deportato per la prima volta in un campo di lavoro a nord dell'Ural. Liberato nel 1932, tornò a Mosca, dove intraprese l'attività giornalistica, scrisse poesie e racconti, ma nd 1937 fu nuovamente arrestato e deportato nella Kolyma, in Siberia. Liberato 17 anni piu tardi, fece ritorno a Mosca. Fu riabilitato nel 1957 e da allora venne autorizzata in Russia solo la pubblicazione di qualche breve raccolta di poesie. Solo alla fine degli anni Ottanta, dopo la sua morte, le opere di Salamov hanno cominciato ad essere pubblicate in patria