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Licheni. Un campionario del mondo

Firenze, Nuovedizioni E. Vallecchi, 1967
cm 32.5x24, pp. 74-6b, ritratto dell'autore e 16 illustrazioni in b/n fuori testo, cartonato, sovracoperta illustrata
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L’elenco di tutte le opere di Camillo Sbarbaro in preparazione nelle edizio­ni di Vanni Scheiwiller promette cin­que volumi: Poesie, con in appendice Rèsine; Trucioli; Fuochi fatui; Traduzioni; Lettere. Ma di traduzioni il quarto presumibilmente non potrà contenere che le tre già ristampate dallo stesso editore: I versi d’oro di Pi­tagora, Il Ciclope di Euripide, A rove­scio di Huysmans. E tutte le altre, che furono molte e sempre egregie? Ugualmente parrebbe destinato a ri­manerne escluso
l’ampio volume sui Licheni, da lui raccolti e conservati come Un campionario del mondo con una passione che, da giovane, lo accompagnò e lo rallegrò sino agli ultimi an­ni in cui gli fu consentito di andar pe­regrinando, armato di scalpello e martelletto, lungo coste e colline della sua Liguria, e in particolare della privile­giata Val Bisagno.


La Nuove Edizioni Enrico Vallecchi (Firenze, 1967) ne hanno curato una stampa fuori dell’ordinario per spazio­sità di pagina e ariosità di caratteri e singolarità d’illustrazioni, conforme­mente a una tradizione tipografica to­scana che appunto presso i Vallecchi padre e figlio vanta alcuni begli esem­plari. (Il lichenologo Miroslav Servit si congratula con Sbarbaro della «singularis in lichenibus ex-quirendis sollertia» e Fernando Galardi mette a fuoco l’obiettivo fotografico su alcune rare specie).

Non è stato un hobby

Ma forse non è esatto ritenere che Licheni non trovi posto nella serie Scheiwiller. Le pagine di testo nelle quali Sbarbaro racconta come dallo studio extra-scolastico della botanica si trovò portato all’incontro-apparizione, alla scoperta delle esistenze vege­tali in sordina, dei muschi e infine dei licheni, che solo più tardi imparò a di­stinguere e collezionare: tali pagine, con le stesse illustrazioni, avevamo già rinvenuto, sotto il titolo: Vita e mi­racoli dei licheni, nella Lettura del marzo 1942 e le avevamo poi rilette e rigustate maggiormente nella lezione, ridotta e riveduta con lo scrupolo di cui Sbarbaro era un propugnatore esemplare, nella seconda e nella terza edizione di Trucioli (I: Vallecchi, 1920; II: Mondadori, 1948; III: Mondadori, 1963).
Sono pagine troppo note e trop­po lodate per dover essere riprese in esame proprio da noi che già le segna­lammo nella Fiera letteraria del 15 no­vembre 1955, a corollario di una rasse­gna dei Contributi lichenologici forni­ti da Sbarbaro nell’Archivio botanico dal 1930 al 1939, negli Annali del Mu­seo civico di Storia naturale di Geno­va del 1941 e negli Acta Musei nationalis Pragae. Contributi dei quali au­spicammo fin da allora (cfr. Novecen­to letterario, I, 295-299) la raccolta e la ristampa in un volume che ci recasse econservasse la incantevole testimo­nianza di quello che solo in apparenza e per errore poté essere scambiato per un «hobby» del poeta Sbarbaro, ma che in sostanza fu il completamento, vaghissimo e proteiforme, quasi l’e­strinsecazione emblematica della sua più nascosta poesia, rispondendo «a ciò che ho di più vivo, il senso della provvisorietà: sicché, per buona parte della vita, avrei raccolto, dato nome, amorosamente messo in serbo “neppu­re delle nuvole o delle bolle di sapone — che per un poeta sarebbe già bello; ma qualcosa [come apprese da un libro uscito allora sulla biologia dei licheni | di più inconsistente ancora: delle effervescenze, appunto”»: ond’è che «nessun bilancio a tanti anni di ricerche andrebbe più a genio a chi vi­ve nell’attimo».

Il suo libro più arioso

È invece accaduto che in luogo dei vari Contributi sui licheni, da ripro­durre nella loro scientifica e poetica integrità, parte in italiano e parte in latino, stringatissima ma più che esau­riente per precisare, in aggiunta alla morfologia, la località e l’ora del rin­venimento; in sostituzione di tutte le indicazioni sui Lichenes ligustici novi rariores da lui rinvenuti e catalogati, Sbarbaro ha preferito limitarsi all’e­lenco delle centoventisette nuove spe­cie di licheni da lui scoperte in Italia e specialmente in Liguria, negli anni dal 1922 al 1955, riducendo e restrin­gendo dell’altro quanto era già essicca­to al massimo, fino ad assumere alcun­ché della lapidarietà di certe supersti­ti iscrizioni. Per contro ci sarebbe sta­to da trascrivere anche il Catalogus quorundam Lichenum in Insulis Philippinensibus ab M. Ramos, G. E dono etc. annis 1918-1926 lectorum e Aliquot Lichenes oceanici in Cook insulis (Tonga, Rarotonga, Tongatabu, Eua) collecti. Chi sa che un giorno non sia lo stesso Scheiwiller a volerlo salvare dalla dispersione e dalla dimenticanza.
Noi li conserviamo, come ogni al­tra sua «minuzia», per mandato ami­chevole dello stesso autore: ci ricorda­no gli itinerari dei viaggi, delle escur­sioni, delle scorribande, delle passeg­giate, delle soste di Sbarbaro, ma co­me rappresi e rattorti nel gioco mera­viglioso di filigrane arborescenti o di cavernosi labirinti policromi. Di tutte quelle incisive e allettanti indicazioni, che formavano come il cartellino se­gnaletico degli innumerevoli campio­ni, non è rimasta che l’ubicazione e la data del ritrovamento, praesertim in Liguria, con qualche amorosa punta in Etruria, prope oppidum Monteliscai o in Villa Solaia, nel contado di Siena, o a Vallombrosa, loco Saltino.
Carpito il bottino e riposto in larghi fogli che le proteggevano e lo serbava­no ai suoi occhi come un tributo all’«inventario del mondo», l’erbario non tardava a trasformarsi per Sbar­baro in un’accolta di ricordi: «di pas­seggiate fatte, di luoghi dove fui una volta: evocazione di terre che non ri­vedrò, di incontri, di visi». Il suo li­bro — assicurò — più cordiale e ario­so, chi avesse potuto leggervi come a lui, poeta, era concesso, e come a noi non riesce, approssimativamente, che attraverso la magia delle sue parole.


Enrico Falqui, da La fiera letteraria, n. 22, giovedì, 30 maggio 1968

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