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Scullard Howard H.
Storia del mondo romano. 1. Dalla fondazione di Roma alla distruzione di Cartagine. 2. Dalle riforme dei Gracchi alla morte di Nerone
[History of the Roman World 753-146 BC], traduzione di Rita Lizzi, Massimo Bruno; [From the Gracchi to Nero. History of the Roma 133 BC to AD 68], traduzione di Pierangela Diadori, Eva Pollini. Edizione italiana a cura di Emanuele Narducci
Milano, Rizzoli, 1983, Collana storica
2 volumi, cm 23x15.5, pp. XX-521-(3), 509-(3), cartonato, sovracoperte illustrate, cofanetto illustrato
Unica edizione. Ex libris nei risguardi. Ottimo esemplare
€ 70




La seconda parte del volume fornisce un affresco vasto ed esauriente della vita economica, sociale, culturale e religiosa di Roma nel periodo preso in esame: lo sviluppo di un ceto ’’affaristico” in seguito alla politica di conquiste, l’arricchimento di pochi e l’impoverimento di larghe masse, che talora cercano in culti ’’entusiastici” provenienti dalle regioni orientali uno sbocco alle proprie insoddisfazioni; la fioritura delle arti figurative, che attraverso un’originale rielaborazione dei modelli greci traducono spesso in immagini di chiara lettura l’ideologia del ceto dirigente; la creazione della giurisprudenza e la nascita di una grande letteratura nazionale, due fra i maggiori lasciti di Roma alla civiltà occidentale.
Il secondo volume della Storia del mondo romano di H.H. Scullard si apre con la narrazione dei lunghi decenni dell’agonia dello stato repubblicano, lacerato da tensioni insanabili: il generoso ma fallimentare tentativo dei Gracchi di ridare vita al ceto dei piccoli agricoltori e il miope egoismo della classe dirigente che lo fa naufragare; il predominio di Mario, poi di Siila, e il conflitto fra optimates e populares, molto meno ’’partiti” nel senso moderno che cricche o fazioni le quali, in vista del predominio dei propri leaders, strumentalizzano le aspirazioni dei diversi gruppi sociali. ►
La narrazione prosegue, attraverso i principati successivi a quello di Augusto, fino al termine del regno di Nerone; con esso si conclude il ciclo della prima dinastia imperiale, quella giulio-claudia, e si apre un nuovo sanguinoso periodo di guerre civili, in cui gli eserciti tornano a dettare legge. Ne emergerà vittorioso Vespasiano, il fondatore della dinastia flavia, che garantirà a Roma un nuovo periodo di pace, ma anche stavolta a costo di un accrescimento dell’assolutismo e di una restrizione di quella libertas che aveva costituito la secolare prerogativa del ceto senatorio.
Anche in questo volume largo spazio è dedicato alla vita materiale, alle istituzioni, alla letteratura e alle arti; il quadro non è limitato all’Italia, ma si amplia fino a prendere in esame le province, che, attraverso la romanizzazione, si affacciano alla civiltà e cominciano a fornire il loro duraturo contributo all’edificazione della cultura europea. Quest’ultima troverà, nella sfera letteraria, i suoi modelli ’’classici” in Orazio e in Virgilio; ma già in questi due autori, solo apparentemente ’’sereni”, si avvertono segni di inquietudine, dubbi più o meno velati sul senso della ’’missione” di Roma o sulla scelta dei valori morali. La crisi della cultura si farà evidente in età neroniana: il poema di Lucano denuncia le origini del principato da un’ingiusta vittoria nelle guerre civili; la riflessione etica di Seneca, per quanto lacerata da conflitti insanabili, si sforza di aprire al saggio nuovi orizzonti interiori; il romanzo di Petronio si spalanca a una rappresentazione ’’picaresca” della vita dei bassifondi; in tutti questi autori, lo stile si sottrae alla ’’misura” classica, e tenta nuovi esperimenti, talora sulla via del bizzarro o del paradossale. ’’Classicismo” e ’’manierismo” delle epoche successive hanno le loro radici in tendenze della cultura romana.